venerdì 30 maggio 2008

VIGILANZA PRIVATA : GIRO DI AFFARI DA 2 MLD.


VIGILANZA PRIVATA: CONFCOMMERCIO, AFFARE DA 2MLD MA 47% AZIENDE IN ROSSO

(ASCA) - Roma, 28 mag - Un fatturato pari a 2 miliardi e 400 milioni di euro l'anno (2 milioni e 500.000 euro di ricavi per impresa) con un trend di crescita annuo del 5%; 965 aziende (meta' delle quali nate dopo il 2001); un numero di clienti stimato attorno al milione e 200.000 ma bilanci in rosso per il 47% delle imprese e un utile inferiore ai 50.000 euro per il restante 42%. E' quanto emerge dal rapporto Federsicurezza-Confcommercio 2008 sulla vigilanza privata in Italia.In particolare ad incidere negativamente sui bilanci delle aziende, spiega Federsicurezza-Confcommercio, e' l'Irap, la cui base imponibile e' ''largamente influenzata dall'alto costo del lavoro che rappresenta ben oltre il 60% dei costi operativi''. Nel settore, infatti - continua il rapporto di Confcommercio - il costo medio del lavoro per addetto supera i 33.000 euro l'anno (in media gli addetti per impresa sono 51). Inoltre, nel 2006, alcune regioni hanno innalzato l'aliquota di un punto (dal 4,25% al 5,25%) ''per risanare i conti della spesa sanitaria, mentre gli effetti del rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro - spiega ancora Confcommercio - hanno determinato un aggravio del costo del lavoro tra il 6% e il 7%.Nel dettaglio, il 48% del fatturato totale delle aziende di vigilanza privata deriva dai servizi di piantonamento, il 30% dalla vigilanza e il 18% dal trasporto valori. I servizi attivi di collegamento alle centrali operative, invece, sono circa 600.000.

giovedì 29 maggio 2008

NAPOLI ASSALTO IN BANCA G.P.G. LO SVENTANO


giovedì 29 maggio 2008

Napoli: Assalto in banca e sparatoria in via Manzoni. La guardia giurata ha esploso diversi colpi e i banditi sono scappati.
Fonte: Corriere del Mezzogiorno NAPOLI – Momenti di panico questa mattina in via Manzoni. L’agenzia del Banco di Roma situata al civico 119 di una delle strade «in» di Napoli è stata teatro di un tentativo di rapina in pieno giorno. Il colpo sarebbe stato tentato dai malviventi proprio all’apertura della banca, in un’ora di punta quale quella mattutina, e in una strada in pieno centro città. Le guardie giurate all’ingresso della banca hanno prontamente reagito, sparando in aria alcuni colpi di pistola a scopo intimidatorio. Non è ancora chiaro se i rapinatori abbiano risposto ai colpi. I malviventi, scoraggiati dalla reazione delle guardie e non riuscendo a penetrare nell’agenzia, si sono dati subito alla fuga, probabilmente a piedi. Le forze dell’ordine ora sono alla loro ricerca anche con l’aiuto di elicotteri che stanno sorvolando l’intera zona.

venerdì 23 maggio 2008

GPG GRAVEMENTE FERITO DOPO INCIDENTE CON L'AUTO DI SERVIZIO

Vetralla: guardia giurata in prognosi riservata dopo un incidente sulla Cassia
Finisce contro il guard rail e resta incastrato tra le lamiere
Lotta tra la vita e la morte nel reparto rianimazione di Belcolle la guardia giurata dipendente di un'azienda di vigilanza che l'altra notte nel corso del suo giro di controllo è rimasto vittima di un serio incidente stradale. Luigi Pacetti, 32 anni, intorno alle 5 di ieri mentre su Vetralla si era scatenato un vero e proprio diluvio sulla Cassia, nei pressi dell'ingresso per la cittadina, per cause in corso di accertamento da parte dei carabinieri della locale stazione con la collaborazione di una pattuglia del Nucleo radiomobile di Viterbo, ha perso il controllo del mezzo che si è andato a schiantare contro il guard-rail.
Il poveretto è rimasto incastrato tra le lamiere contorte della vettura ed è stato estratto a fatica dal personale del 118 accorso dul luogo dell'incidente. Subito trasportato al pronto soccorso di Belcolle, la giovane guardia giurata è stata sottoposta ad urgenti esami clinici che hanno dato ai medici la visione completa delle gravi fratture riportate. Per alcune lesioni è stato necessario un immediato intervento chirurgico, al termine del quale il paziente è stato trasferito in rianimazione ma i medici sperano che la forte fibra del giovane agente lo aiuti ad uscire dalle drammatiche conseguenze dell'incidente. Per ora la prognosi rimane riservata.

martedì 6 maggio 2008

MERCATO SICUREZZA BUSINESS DA PAURA


lunedì 5 maggio 2008

Mercato della sicurezza un business da paura.

fonte: Repubblica.it
La brochure si trova nel sito di Assosicurezza, che raggruppa una cinquantina di società del settore. Pubblicizza un agile manuale destinato alla messa in sicurezza dei beni ecclesiastici». Perché quando le preghiere non bastano, i sistemi di allarme e le telecamere possono fare molto di più, visto che la pubblicazione assicura di essere «molto utile ai parroci, poiché fornisce tutte le indicazioni legali per trattare secondo la legge opere d’arte, prevenendo i furti o creando i presupposti per perseguirne gli autori e recuperare i reperti».Un caso molto particolare, ma che la dice lunga di quanto sia ormai variegato, ma soprattutto organizzato ed economicamente avanzato il business che comprende telecamere, porte blindate, videosorveglianza e tutto ciò che riguarda la sicurezza sia degli edifici privati che delle grandi aree urbane. Un tema diventato di moda perché al centro dei primi dibattiti del dopo voto, sia nazionale che amministrativo. Ma, in realtà, sarebbe bastato guardare i numeri per capire soprattutto in alcune zone del nord come le preoccupazioni sia dei singoli cittadini sia delle amministrazioni pubbliche si fossero già tramutate in investimenti miliardari.E che il problema fosse particolarmente sentito nelle regioni settentrionali lo dicono, tanto per cominciare, il numero di telecamere installate dai comuni più grandi. Non siamo ancora a livelli di Londra non a caso definita "the Big Brother": oltremanica è attivo il 20% delle telecamere di tutto il mondo, con 4,2 milioni di apparecchi, uno ogni 14 cittadini, grazie ai quali ogni abitante viene ripreso in media almeno 300 volte al giorno. Nonostante anche in Italia si stia andando sempre di più in questa direzione, a numero siamo ancora lontani anni luce: in una classifica per grandi centri, in testa c’è Milano con la sue 700 telecamere elettroniche, con a ruota Bologna (290) e Firenze (100). A Roma, invece, siamo ancora fermi a non più di una settantina.Andranno addirittura oltre le Ferrovie dello Stato. Uno dei provvedimenti del governo uscente è stato quello di finanziare con i ribassi d’asta delle gare Fs, e non appena ci sarà il via libera del Cipe, un piano da 12 miliardi per dotare di impianti di videosorveglianza tutte le principali stazione ferroviarie.Ma nel computo delle spese pubbliche per la sicurezza delle città, non si può non citare la vigilanza urbana. Secondo le ultime statistiche, alla polizia municipale è destinato in media l’8% delle spese correnti dei comuni italiani, cifre importanti, che diventano il 9 e l’11% a Milano e a Roma. Nel totale dei soli capoluoghi di regione la cifra complessiva supera il miliardo di euro. Ma da soli non basterebbero a garantire la sicurezza nei quartieri, visto che almeno la metà dei vigili delle città mediograndi passa il suo tempo in ufficio. Ecco allora in azione gli agenti di prossimità: ne sono stati calcolati quasi 4mila (divisi a metà tra poliziotti e carabinieri), di cui più della metà occupati nei capoluoghi di regione. Di questi 900 nella sola Roma, mentre a Milano 350 agenti di prossimità sono affiancati da 400 vigili di quartiere.Fino a qui il ruolo degli enti pubblici. Ma anche i privati, in questi ultimi anni non si sono sottratti a spese dedicate alla sicurezza. A cominciare dalle abitazioni. Nell’ultima edizione dal Saie di Bologna, Fiera dedicata all’edilizia, è stata presentata una statistica secondo cui il 75% degli italiani teme furti e aggressioni in casa. Da qui, l’aumento delle spese per casseforti, porte blindate, infissi antiintrusione, il cui fatturato supera oramai il miliardo e mezzo di euro all’anno. Ma non solo: l’ultima tendenza riguarda i condomini, che in numero sempre maggiore si stanno dotando ai portoni di telecamere collegate a una centrale di sorveglianza. La tendenza, segnalano gli esperti, non potrà che essere all’aumento degli investimenti per questo tipo di strumenti, visto che secondo dati Eurispes solo il 7,4% degli italiani è dotato di sistemi di videosorveglianza mentre gli antifurti sono presenti solo nel 27,8% delle abitazioni.C’è poi il capitolo supermercati. L’anno scorso il valore dei furti dagli scaffali ha superato in Italia i 3 miliardi di euro, pari all’1,23 delle cosiddette "differenze inventariali" della grande distribuzione organizzata, che ci pone al quarto posto della classifica europea, anche se il primato per il più alto valore di merce rubata va alla Gran Bretagna con quasi 5,6 miliardi di euro (e una differenza inventariale dell’1,34%). Anche in questo caso, la reazione ha portato a investire in tecnologia antitaccheggio: nel 2007, gli investimenti hanno superato i 900 milioni di euro. In questo modo, sul mercato italiano si è arrivati a proteggere fino a 15milioni di articoli. Ma quali sono i prodotti più rubati in Italia? Il maggiore incremento è stato registrato dai superalcolici, cresciuti di 21,8 punti percentuali in un anno, seguiti dai prodotti cosmetici (+12,4%) e dai capi d’abbigliamento (+12,2%). Sicurezza privata significa anche vigilantes e guardie giurate. Un tempo attive soprattutto nelle grandi città e ora diventate una presenza comune anche nei piccoli centri. Si tratta di un mercato talmente in espansione e dai risultati economici convenienti al punto da aver attirato i fondi di private equity. Solo pochi anni fa le imprese del settore erano 200 con 20mila addetti. Ora sono diventate 965 e i dipendenti 50mila. E sono solo quelle iscritte a Federsicurezza che copre il 75% di un mercato che a livello italiano ha raggiunto un fatturato di 2,4 miliardi di euro all’anno. Non a caso il 50% delle società è nato dopo il 2001, dopo il boom della richiesta di sicurezza in tutto il mondo in seguito all’attentato alle Torri Gemelle. Si diceva dei private equity: il fondo Sterling Square Capitals ha da poco rilevato la Sicurglobal di Gallarate (164 milioni di ricavi) da Bs Private Equity, mentre Capitolotre di Milano è finita sotto il controllo di 21 Partners Sgr e Banca Leonardo.Un piccolo aiuto ai privati è arrivato dal governo uscente che nel 2007 ha stanziato 30 milioni in tre anni destinati a una categoria colpita dalla malavita: i commercianti. Fondi sotto forma di credito di imposta destinati in particolare a ristoratori, farmacisti, benzinai, oltre che ai tabaccai (cui sono toccati altri 15 milioni). Ma l’opzione non è piaciuta un granché. Per esempio: la Fit (Federazione italiana tabaccai) pur guardando con favore «al riconoscimento del disagio della categoria» ha fatto capire che i soldi messi a disposizione sono pochi: in effetti 15 milioni per una categoria che vede 56mila iscritti, di cui almeno 47 mila interessati finiscono per non essere tantissimi. In ogni caso, il Governo prevede che ogni destinatario non possa comunque avere un credito superiore ai 3mila euro. Non molto, ma è comunque un inizio. E ora tutti in attesa di capire gli orientamenti del prossimo esecutivo che della sicurezza ha fatto il suo cavallo elettorale vincente.

venerdì 2 maggio 2008

L'ALTRA CASTA C.G.I.L. C.I.S.L. U.I.L.


L 'ALTRA CASTA
di Stefano LivadiottiFatturati miliardari. Bilanci segreti. Uno sterminato patrimonio immobiliare. E organici colossali, con migliaia di dipendenti pagati dallo Stato. I sindacati italiani sono una macchina di potere e di denaro. Temuta perfino dai partiti

Non trattiamo con la calcolatrice... Così, nei giorni scorsi, il grande capo della Cgil Guglielmo Epifani ha replicato a brutto muso alle pretese rigoriste di Tommaso Padoa-Schioppa sulla riforma delle pensioni. Il numero uno di corso d'Italia non è l'unico ad essere allergico ai moderni derivati del pallottoliere. Della stessa idiosincrasia fanno mostra i suoi pari grado di Cisl e Uil, Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti, almeno quando si tratta di affrontare l'annosa questione dei conti dei sindacati, che continuano a promettere bilanci consolidati, tranne poi guardarsi bene dal metterli nero su bianco. Forse perché i numeri racconterebbero come le organizzazioni dei lavoratori, difendendo con le unghie e con i denti una serie di privilegi più o meno antichi, si siano trasformate in autentiche macchine da soldi. Con il benestare di un sistema politico giunto ai minimi della popolarità e spaventato dalla loro capacità di mobilitazione. Che a sua volta dipende proprio, in grandissima parte, da un formidabile potere economico alimentato a spese della collettività: se c'è un problema di costi della politica, allora il discorso vale anche per il sindacato. Se non di più.Quasi dieci anni fa, alla fine del 1998, un ingenuo deputato di Forza Italia, ex magistrato del lavoro, convinse 160 colleghi a firmare tutti insieme appassionatamente un provvedimento che obbligava i sindacati a fare chiarezza sui loro conti. Dev'essere che nessuno gli aveva ricordato come solo pochi anni prima, nel 1990, Cgil, Cisl e Uil fossero state capaci di ottenere dal parlamento una legge che concede loro addirittura la possibilità di licenziare i propri dipendenti senza rischiarne poi il reintegro, con buona pace dello Statuto dei lavoratori. Fatto sta che, puntuale, la controffensiva di Cgil, Cisl e Uil scattò dopo l'approvazione del primo articolo con soli quattro voti di scarto. "È antisindacale", tuonò con involontario umorismo l'ex capo cislino Sergio D'Antoni, oggi vice ministro per lo Sviluppo economico. Lesti i deputati del centro-sinistra azzopparono la legge, mettendosi di traverso alle sanzioni (tra i 50 e i 100 milioni) previste in caso di violazioni. Alla fine la proposta di legge è rimasta tale, così come tutte quelle presentate in seguito, anche in questa legislatura. "È il sindacato che detta tempi e modalità", titolava del resto nei giorni scorsi il confindustriale 'Sole 24 Ore', all'indomani dell'accordo sullo scalone pensionistico.
Il risultato è che i bilanci dei sindacati, quelli veri, non sono mai usciti dai cassetti dei loro segretari. "Il giro d'affari di Cgil, Cisl e Uil ammonta a 3 mila e 500 miliardi di vecchie lire", sparò nell'ottobre del 2002 il radicale Daniele Capezzone, "e il nostro è un calcolo al ribasso". Non ci deve essere andato molto lontano, se è vero che oggi Lodovico Sgritta, amministratore della Cgil, si limita a non confermare che il fatturato consolidato di corso d'Italia abbia raggiunto il tetto del miliardo di euro. E ancora: se è vero che quello del sistema Uil, non paragonabile per dimensioni, metteva insieme 116 milioni già nel 2004, esclusi Caf, patronati e quant'altro. Fare i conti in tasca alle organizzazioni sindacali, che hanno ormai raggiunto un organico-monstre dell'ordine dei 20 mila dipendenti, è difficile, anche perchè le loro fonti di guadagno sono le più disparate. Ma ecco quali sono i principali meccanismi di finanziamento. E le cifre in ballo.Il sostituto d'incassoLa maggiore risorsa economica di Cgil, Cisl e Uil ("I tre porcellini", come ama chiamarli in privato il vice premier Massimo D'Alema) sono le quote pagate ogni anno dagli iscritti: in media l'1 per cento della paga-base; di meno per i pensionati, che danno un contributo intorno ai 30-40 euro all'anno. Un esperto della materia come Giuliano Cazzola, già sindacalista di lungo corso della Cgil ed ex presidente dei sindaci dell'Inps, parla di almeno un miliardo l'anno. Secondo quanto risulta a 'L'espresso', il solo sistema Cgil ha incassato nel 2006 qualcosa come 331 milioni. Una bella cifra, per la quale il sindacato non deve fare neanche la fatica dell'esattore: se ne incaricano altri; gratuitamente s'intende. Nel caso dei lavoratori in attività, a versargli i soldi ci pensano infatti le aziende, che li trattengono dalle buste paga dei dipendenti. Per i pensionati provvedono invece gli enti di previdenza: solo l'Inps nel 2006 ha girato 110 milioni alla Cgil, 70 alla Cisl e 18 alla Uil. Nel 1995 Marco Pannella tentò di rompere le uova nel paniere al sindacato, promuovendo un referendum che aboliva la trattenuta automatica dalla busta paga (introdotta nel 1970 con lo Statuto dei lavoratori). Gli italiani votarono a favore. Ma il meccanismo è tuttora vivo e vegeto: salvato, in base a un accordo tra le parti, nei contratti collettivi. Le aziende, che pure subiscono dei costi, non sono volute arrivare allo scontro. E lo stesso ha fatto il governo di Romano Prodi quando, più di recente, Forza Italia ha presentato un emendamento al decreto Bersani che avrebbe messo in crisi le casse sindacali. In pratica, la delega con cui il pensionato autorizza l'ente previdenziale a effettuare la trattenuta sulla pensione, che oggi è di fatto a vita, avrebbe avuto bisogno di un periodico rinnovo. Apriti cielo: capi e capetti di Cgil, Cisl e Uil hanno fatto la faccia feroce. Il governo, a scanso di guai, ha dato parere contrario. E l'emendamento è colato a picco.
(02 agosto 2007)
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giovedì 1 maggio 2008

LA CORTE DEI PRIVILEGI



Alla corte dei privilegi
di Primo Di NicolaUno stipendio doppio di quello del capo dello Stato. Appartamento di servizio. Assistenti. Liquidazioni da favola. Auto con chauffeur anche dopo la fine del mandato. La vita dorata dei giudici costituzionali

La carica di giudice costituzionale è molto ambita. Non a caso per scegliere quelli di nomina parlamentare i partiti si azzuffano per anni. A causa certo della delicatezza del ruolo, visto che la Consulta è chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità delle leggi, a decidere sui conflitti di attribuzione tra i poteri dello Stato, ad ammettere o respingere le richieste di referendum. Ma anche per la grande appetibilità dell'incarico, per il quale scendono in pista parlamentari di grido, docenti di chiara fama, illustri giuristi e principi del foro. Tutti desiderosi di scalare il colle del Quirinale dove ha sede la Consulta e di conquistare lo scranno. Che non significa solo indossare la toga suprema tra le alte magistrature della Repubblica, ma anche aggiudicarsi appannaggi e benefits principeschi. A cominciare dallo stipendio. Quanto guadagnano i designati? 416 mila euro lordi nel caso del semplice giudice, addirittura 500 mila il presidente. Una cifra che fa impallidire il compenso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, inchiodato a 218 mila euro e umilia quello del presidente del Consiglio uscente Romano Prodi che, sommando indennità parlamentare (146 mila euro), stipendio da premier (altri 55 mila) e indennità di funzione (poco più di 11 mila) è riuscito a malapena a superare i 210 mila euro l'anno. Ma alla Corte costituzionale gli alti livelli retributivi non portano benefici solo per i nove anni previsti dal mandato. Scaricano effetti miracolosi anche sulla liquidazione e il trattamento pensionistico dei magistrati. Anche nei casi di cessazione anticipata dall'incarico. L'esempio più eclatante è quello di Romano Vaccarella. Professore di diritto processuale civile e difensore in vari processi di Silvio Berlusconi, proprio grazie al sostegno del Cavaliere era stato eletto dal Parlamento alla Corte nell'aprile 2002. Sarebbe dovuto restare in carica fino al 2011, ma lo scorso anno, polemizzando con il governo Prodi, si è dimesso. Con quali risultati? Ricongiungendo alla stregua di qualsiasi dipendente pubblico i suoi periodi lavorativi all'università con le annualità della Consulta, Vaccarella è riuscito ad arrivare a 46 anni di anzianità lavorativa. Circostanza che gli ha permesso di riscuotere una superliquidazione di 1 milione 200 mila euro lordi (circa 850 mila netti) che si sarebbe solo sognato se fosse rimasto semplice professore. Un vero record, ma non isolato. Trattamenti di questo livello sono una regola per i giudici. E si allineano alle altre ricche dotazioni garantite dalla Corte: un folto staff di assistenti-portaborse, appartamenti di servizio, auto gratis e autisti ad personam praticamente a vita. Ma quanto ci costano questi giudici? Com'è regolato il loro trattamento economico?
Di quali benefits godono esattamente? La Corte costituzionale costa ogni anno circa 50 milioni di euro. A parte la modesta entrata legata alla vendita di sue pubblicazioni (7 mila 800 euro), tra le voci attive di bilancio ci sono solo le ritenute del trattamento di quiescenza sulle retribuzioni del personale (900 mila euro) e quelle dei giudici (450 mila). Per il resto si regge completamente sul contributo dello Stato che per il 2007 è stato di circa 46 milioni di euro (47 milioni nel 2008). Di queste risorse per i giudici si spendono circa 6 milioni per le retribuzioni e 4 per le loro pensioni (i trattamenti in corso sono 24, vedove comprese). Come organo costituzionale, al pari di Camera, Senato e presidenza della Repubblica, la Consulta organizza autonomamente attraverso l'Ufficio di presidenza (tre giudici più il segretario generale) le sue attività e dispone a proprio piacimento delle risorse economiche (il 90 per cento se ne vanno in spese fisse), senza la minima interferenza esterna. La struttura amministrativa (circa 220 persone) è divisa in vari servizi (studi, gestione del personale, ragioneria, eccetera) che supportano l'attività della Corte ed è guidata da un segretario generale, nominato dalla presidenza con incarico temporaneo tra alti magistrati o esperti. Quello attuale, Giuseppe Troccoli, magistrato della Corte dei conti, guadagna circa 230 mila euro lordi l'anno. In questo universo burocratico approdano i giudici al momento della nomina. In carica per nove anni, i fortunati vengono per un terzo designati dalle tre magistrature superiori (Cassazione, Corte dei conti, Consiglio di Stato), per un altro terzo dal Parlamento in seduta comune e per il resto scelti direttamente dal presidente della Repubblica. Si insediano cominciando a contare sulla ricca retribuzione che per legge è equiparata a quella del primo presidente della Corte di Cassazione aumentata però della metà. In totale, fanno appunto 416 mila euro. Un premio aggiuntivo va poi al presidente, al quale viene riconosciuta una indennità di rappresentanza pari a un quinto della retribuzione del giudice: sono altri 80 mila euro circa, che fanno lievitare la retribuzione a quasi 500 mila. A chi non piacerebbe riscuotere un simile appannaggio?
(30 aprile 2008)
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